IL TRAINING AUTOGENO NELLO SPORT
Anche nello sport si sente l’esigenza di interventi che mirino al benessere degli atleti poiché sottoposti a forti pressioni sia durante la formazione che durante la preparazione per le competizioni. Tra i vari trattamenti proposti, spicca anche il training autogeno.
Il primo studio esaminato (1) ha indagato gli effetti del training autogeno sulla capacità polmonare, sull’ansia competitiva e sulla vitalità soggettiva di 18 atleti di triathlon, tra i 28 e i 50 anni, di cui due femmine e 16 maschi. I soggetti sono stati suddivisi casualmente nel gruppo sperimentale (N=9) e nel gruppo di controllo (N=9) e i test sono stati somministrati nel pre e post-trattamento.
È stato somministrato un questionario demografico su cui indicare: sesso, età, anni di esperienza nello sport, ore di allenamento settimanale, livello agonistico, altezza e peso.
Per misurare l’ansia è stato utilizzato il questionario CSAI-2 formato da 27 item e 3 dimensioni: ansia cognitiva (CGA) e ansia somatica (SMA) correlate tra loro e fiducia in se stessi (SFC) correlata negativamente con le due precedenti. Ognuna di queste dimensioni è costituita da 9 item su scala likert a 4 punti (nessuno/un pò/abbastanza/molto).
Per quanto riguarda la capacità polmonare, sono state condotte misurazioni spirometriche per rilevare il picco di flusso espiratorio (PEF) e il volume espiratorio forzato in un secondo (FEV1).
La vitalità soggettiva, indicatore di benessere, è stata misurata con la Subjective Vitality Scale (SVS) formata da 6 item su scala Likert a 7 punti, da 1 (non è vero) a 7 (vero).
Il gruppo sperimentale è stato formato all’utilizzo del training autogeno per 6 settimane.
Differenze significative sono state trovate tra il gruppo sperimentale e di controllo in fiducia in se stessi e vitalità soggettiva, ma non nelle altre variabili. Questo studio conferma che il training autogeno può essere utile per migliorare alcuni aspetti relativi alle prestazioni sportive e che favorisce il benessere psicologico.
In un altro studio (2) sono stati studiati gli effetti psicofisiologici del training autogeno su 8 lanciatori di cricket (due femmine e sei maschi) tra i 17 e i 20 anni con esperienza nelle competizioni internazionali. La formazione del T.A. è avvenuta per 8 settimane della durata di 30 minuti a sessione e inoltre, si invitava i partecipanti a praticare gli esercizi a casa.
Prima e dopo il trattamento (il giorno prima della gara), sono state valutate tre misure fisiologiche: la temperatura cutanea (TEMP); la conduttanza cutanea (SCL) e la frequenza cardiaca (HR). Normalmente, nel giorno precedente alla competizione, ci si aspetterebbe una temperatura più bassa, elevata conduttanza cutanea e un aumento della frequenza cardiaca, cosa che in questo studio si è rivelata inversa e questo potrebbe essere spiegato dall’azione del training autogeno e da altri trattamenti psicologici oltre a quello proposto in questa ricerca. L’aumento della temperatura dal pre al post-trattamento, conferma l’azione del T.A. nella vasodilatazione che è associata al rilassamento del muscolo coinvolto. Il mancato aumento della conduttanza cutanea e della frequenza cardiaca, conferma l’azione rilassante del T.A. e la sua efficienza per fronteggiare l’ansia e lo stress in condizioni critiche.
Non possiamo generalizzare i risultati di questo studio giacché esso si rivolge ad un’unica tipologia di sport ed il campione è abbastanza limitato, ma comunque è una conferma dei benefici offerti dal training autogeno e, proprio per questo, è opportuno continuare gli studi per una maggiore sensibilizzazione per l’importanza degli interventi a livello preventivo.
Non dimentichiamo che molti studi hanno utilizzato delle forme alternative di training autogeno che, magari, non hanno avuto un riconoscimento tale come quello proposto da Schultz. Spero che le ricerche continuino per ampliare la conoscenza su questa tecnica che, credo, sia molto utile specie ai nostri tempi dove si va di fretta ed è difficile ritagliarsi del tempo per se stessi; anche per questo si richiedono sempre più approcci di tipo meditativo, che si basino sul rapporto mente-corpo. Noi siamo un tutt’uno ed è per questo che sono necessari proprio quegli aiuti che apportino benefici a livello psicofisico.
Bibliografia
(1) Ortigosa-Márquez J. M, Carranque-Cháves G. A., Hernández Mendo A. Effects of autogenic training on lung capacity, competitive anxiety and subjective vitality. 2005. Biomedical Research, Vol. 26 Issue 1, pp. 71-76. 6.
(2) Lim BH, Balbir SG, How PN. Effects of Standard Autogenic Training on Psychophysiological Responses in Elite Bowlers Prior to competition. 2011.
A cura della dott.ssa Emanuela Tufano e del dott. Massimiliano Stocchi